Un intervento di padre Federico Lombardi dopo le aspre prese di posizione del Vaticano e di Pechino sulla vicenda dei due vescovi ordinati di recente.
11/07/2012
«Non è un momento di dialogo del tutto sereno e costruttivo». Sembrano quasi un eufemismo le parole di padre Federico Lombardi, all’indomani delle aspre prese di posizione del Governo cinese e del Vaticano sulla vicenda dei due vescovi recentemente ordinati. Una nota ufficiale della Santa Sede «sulle ordinazioni episcopali ad Harbin e a Shanghai» ha infatti precisato che «il reverendo Giuseppe Yue Fusheng, ordinato ad Harbin (provincia di Heilongjiang) venerdì scorso senza mandato pontificio e quindi illegittimamente è incorso automaticamente nelle sanzioni previste dal canone 1382 del Codice di Diritto Canonico”, cioè nella scomunica latae sententiae. “Di conseguenza, la Santa Sede non lo riconosce come Vescovo dell`amministrazione apostolica di Harbin, ed egli è privo dell’autorità di governare i sacerdoti e la comunità cattolica nella provincia diHeilongjiang”.
Yue Fusheng «era stato informato da tempo che non poteva essere approvato dalla Santa Sede come candidato episcopale, e più volte gli era stato richiesto di non accettare l`ordinazione episcopale senza il mandato pontificio». Incorrono nella scomunica anche i vescovi ordinanti. Questi ultimi però potrebbero godere delle attenuanti canoniche relative a chi è sottoposto a pressioni o violenze.
Pressioni che sembrano essersi scatenate immediatamente per l’ordinazione, approvata dal Vaticano, del vescovo ausiliare di Shanghai, monsignor Taddeo Ma Daqin. A quanto riferiscono media locali e fonti cattoliche cinesi, il vescovo sarebbe stato preso in consegna al termine della cerimonia durante la quale ha annunciato il suo abbandono dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi e sarebbe stato condotto in seminario dove sarebbe agli arresti domiciliari. L’associazione, istituita nel 1957 dall’Ufficio del Governo per gli affari religiosi, controlla la vita religiosa dei cattolici cinesi, ma, soprattutto, riconosce l’autorità di Pechino e non quella della Santa Sede nella nomina dei vescovi.
Nella nota si considera l’ordinazione del vescovo ausiliare di Shangai «motivo di apprezzamento e di incoraggiamento», anche se si sottolinea che «la presenza da parte di un vescovo che non è in comunione con il Santo Padre è stata inopportuna» e ha denotato «mancanza di sensibilità verso un’ordinazione episcopale legittima».
In ogni caso la Santa Sede mostra segni di speranza. «Tutti i cattolici in Cina, pastori, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici, sono chiamati a difendere e a salvaguardare ciò che appartiene alla dottrina e alla tradizione della Chiesa», si legge nella nota. «Anche nelle presenti difficoltà essi guardano con fiducia al futuro, confortati dalla certezza che la Chiesa è fondata sulla roccia di Pietro e dei suoi successori».